Roma, 29 gennaio – In tempi a dir poco problematici per la farmacia italiana, vittima dei processi di massificazione e spersonalizzazione che segnano ormai da tempo lo sviluppo (?) sociale ed econonomico del Paese, fa piacere imbattersi in una testimonianza che riporta ai valori fondativi di questo presidio di salute, che ha sempre trovato il suo senso e il suo scopo nell’intima connessione con la sua comunità, rappresentandone un filo essenziale non solo in termini di funzione sanitaria, ma anche di valori. La farmacia ha incontestabilmente innervato nei secoli, con la sua presenza e la sua attività, il tessuto sociale, culturale e civico delle città e dei paesi italiani, connotandone l’identità anche sotto il profilo visivo.
E tutto questo viene in qualche molto ricordato da una testimonianza che arriva da Milano e segnatamente da un brillante articolo di Fabiana Giacomotti, pubblicato dal quotidiano Il Foglio qualche giorno fa. Racconta di un vecchio e fetente sushi bar che, in assoluta controtendenza, si trasformain una farmacia, e non una farmacia qualunque, ma quella più antica della città, l’antica Farmacia di Brera, da cui presero le mosse le fortune di Carlo Erba, “santo patrono dei sofferenti di cefalea, degli anemici e anche dei cineasti, essendo stato il prozio di Luchino Visconti”, scrive Giacomotti.
Che, mirabilmente, racconta l’emblematica rinascita dalle ceneri dell’antica apoteca: “Visto che il tempo è galantuomo, duecentoquarant’anni dopo lo sfratto ad opera dell’Accademia e dopo le bombe del 1943 che ne avevano distrutto le boiserie e la quadreria, l’antichissima bottega di ritrovati curativi, un’istituzione milanese, è tornata, da pochi giorni, a prendere spazio sulla via Fiori Oscuri, con insegna importante, vasi antichi di ceramica, tre piani fra vendita, laboratorio di analisi, trattamenti al sale e storytelling adeguato. Fondata nel 1591 dai padri Gesuiti che avevano occupato i locali dell’ordine eretico degli Umiliati, scacciati a fucilate dopo l’intervento di Papa Pio V, la Farmacia aveva conosciuto una prima grande fioritura alla fine del Seicento grazie alle pillole di padre Giovanni Cometti, chimico esperto, a cui è tuttora dedicata l’insegna e anche uno dei ritratti all’ingresso”.
“Dopo vari passaggi di mano nell’epoca d’oro dell’Officina Farmaceutica che, alla fine del XVIII secolo, riforniva anche la Casa Reale d’Austria, nel 1837 le redini erano passate a uno speziale vigevanese, Carlo Erba” continua a ricordare Giacomotto, ripercorrendo un pezzo di storia non solo della farmacia, ma della città. “Brillante e abile, in poco tempo aveva capito che l’erboristeria sarebbe stata soppiantata dalla chimica e si era dedicato alla preparazione di sali di ferro, bismuto chelato per l’ulcera peptica e il celebre tamarindo. In quelle poche stanze era stata costruita la prima grande industria farmaceutica italiana e, pochi metri più in là, dopo il fallimento a metà dello scorso decennio, ha ripreso vita fino a riprendersi la via anche l’impresa, ad opera di una biologa toscana di carattere, Michela Chiusa”.
E qui la giornalista arriva a oggi, all’Antica Farmacia di Brera che, come la fenice, risorge dalle sue ceneri, per trasformarsi in una moderna concept pharmacy. “In poco tempo, con il marito Stefano Danesi, ha rivitalizzato perfino il laboratorio galenico: un servizio che, in quegli spacci della compressa che sono diventate le farmacie, rappresenta un plus almeno quanto il ‘reparto bellezza’, balocchi e profumi, al primo piano dei 370 metri quadrati rivestiti in boiserie bianca. I circa duemila libri della farmacia distrutta dalle bombe della Seconda guerra mondiale sono conservati ora alla Biblioteca Braidense, di fronte, ma la tenace biologa ne ha già esposti parecchi della propria collezione”.
La notizia, a nostro sommesso avviso, meritava almeno una segnalazione, non per qualche inclinazione a nostalgici quanto inutili amarcord, ma perchè da essa scaturiscono almeno un paio di utili suggestioni: la prima è quella relativa all’identità forte e alla centralità nel territorio e nella comunità di pertinenza, prerogative che la farmacia ha sempre posseduto ma che oggi (per una complessa serie di ragioni, quasti tutte ben note) sono entrambe fortemente sbiadite. La seconda è che entrambe le prerogative (pietre d’angolo fondamentali per la sopravvivenza della farmacia) non possono essere recuperate se non a prezzo di una palingenesi che non calerà dall’alto e non sarà davvero regalata da nessuno. Non sarà semplice, ma il bello della storia della Antica Farmacia di Brera che Il Foglio ha voluto raccontare è che, evidentemente, non è neanche impossibile.