
Roma, 20 maggio – Il Movimento 5 Stelle persevera e ci riprova: fedele al coinvincimento, più volte espresso, che l’ingresso del capitale nella proprietà delle fermacie debba essere limitato, il principale partito di governo non demorde e – nonostante l’insuccesso dei tentativi precedenti – ci riprova. Questa volta, però, non insiste sul famoso paletto del 51%, ma propone un emendamento al nuovo decreto crescita in discussione alla Camera (la prima firma è ancora una volta quella di Giorgio Trizzino, nella foto) per modificare i tetti di proprietà delle farmacie, modificando la legge sulla concorrenza del 2017.
Quest’ultima prevedeva che i soggetti proprietari potessero detenere “non più del 20 per cento delle farmacie esistenti nel territorio della medesima regione o provincia autonoma”. Con l’emendamento presentato dai pentastellati, i soggetti proprietari di farmacia possono invece controllare “non più del 5 per cento delle farmacie esistenti nel territorio di un medesimo comune e comunque non più del 10 per cento delle stesse su base nazionale”.
“La disposizione – si legge nell’emendamento – trova applicazione anche nei confronti delle società di capitali e delle società cooperative a responsabilità limitata, costituite anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.
La proposta correttiva introduce novità anche per quanto riguarda le sanzioni. Nel caso in cui non venisse rispettato quanto previsto dalle nuove disposizioni, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato adotterà una procedura di diffida e dovrà comminare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10% del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida.
In caso di inosservanza entro 36 mesi, l’Agcm potrà anche applicare una sanzione di 100mila euro per ogni esercizio di farmacia di cui il soggetto sia titolare e che risulti eccedente rispetto al limite stabilito.
È stato previsto anche un emendamento per agevolare la distribuzione dei farmaci nelle zone più disagiate del Paese. È stato disposto infatti che il Ministero della Salute, entro 60 giorni dall’approvazione del provvedimento, adotti criteri per favorire la distribuzione di medicinali, assegnati direttamente dalla Regione o dall’Asl, con un’interfaccia elettronica come una farmacia virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi simili riconosciuti e autorizzati dallo stesso Ministero. Una proposta della quale non si comprendono appieno il senso e l’obiettivo (a meno di non pensare male…) e soprattutto le eventuali modalità di realizzazione: in che modo le Regioni e le Asl recapiterebbero agli assistiti questi farmaci? Si affiderebbero alle Poste? O ad Amazon o qualche altro soggetto tra i molti specializzati nella consegna a domicilio? E quali dovrebbero essere le regole di ingaggio dei partner di delivering (modalità di trasporto, requisiti, garanzie eccetera), trattandosi di beni di natura estremamente particolare? E quali tipologie di farmaci le “farmacie on line” delle Regioni (e/o delle Asl: se non è zuppa è pan bagnato) sarebbero autorizzate a “movimentare”? Tutte? Qualcuna? Dalla proposta emendativa non si ricavano elementi e al riguardo, dunque, si possono solo azzardare ipotesi, inevitabilmente poco confortanti.
Ma non bisogna dimenticare che si tratta appunto di emendamenti, il cui esame dovrebbe cominciare già in questa settimana. Non ci vorrà molto, duqneu, a conoscerne la sorte.